Continuità e Deroga ex art. 7: quando le incertezze interpretative superano quelle da Covid-19

L’amministratore di un’impresa che si trova “spalle al muro” grazie alla deroga ex art. 7 del DL liquidità può applicare i criteri di valutazione “non deformati” nel bilancio. Ma davvero gli amministratori potranno “mettere la testa sotto la sabbia” e valutare la continuità aziendale l’attività senza tenere conto delle incertezze causate dalla pandemia?

Antefatto

Dopo un primo commento scherzoso “a caldo”, torno ad affrontare la deroga ex art. 7 del DL liquidità, prendendo atto che, a differenza di quanto da me auspicato (e forse da pochi altri, ma vale sempre il detto “pochi ma buoni”), non sarà abrogato (l’unica soluzione ragionevole sarebbe stata, a mio parere, sostituirlo con un intervento sulle responsabilità di amministratori, sindaci e revisori in caso di default causato da Covid-19).

La deroga ex art. 7 DL “liquidità” sulla continuità aziendale

Numerose imprese a causa della pandemia e del conseguente lockdown dovranno fronteggiare nel corso del 2020, incertezze significative sulla prospettiva di continuazione dell’attività. Il legislatore, con l’art. 7 del DL liquidità (in attesa di conversione in legge), ha previsto che nella redazione dei bilanci 2019 e 2020:

la valutazione delle voci nella prospettiva della continuazione dell’attività di cui all’articolo 2434-bis, comma primo, n. 1), del codice civile può comunque essere operata se risulta sussistente nell’ultimo bilancio di esercizio chiuso in data anteriore al 23 febbraio 2020 (…). Il criterio di valutazione è specificamente illustrato nella nota informativa anche mediante il richiamo delle risultanze del bilancio precedente“.

Con il ricorso alla deroga (opzionale), pertanto, nel bilancio 2019 si potrà applicare il presupposto del going concern indipendentemente dall’eventuale rilevanza degli effetti negativi prodotti da Covid-19 a condizione che la mancanza di continuità non sia da identificare in cause che nulla hanno a che fare con la pandemia. La Relazione illustrativa indica che senza tale deroga una “notevolissima quantità di imprese” sarebbe obbligata a “redigere i bilanci dell’esercizio” “secondo criteri deformati, ed in particolare senza la possibilità di adottare l’ottica della continuità aziendale, con grave ricaduta sulla valutazione di tutte le voci del bilancio medesimo”. “

Si rende, quindi, necessario neutralizzare gli effetti devianti dell’attuale crisi economica conservando ai bilanci una concreta e corretta valenza informativa anche nei confronti dei terzi, consentendo alle imprese che prima della crisi presentavano una regolare prospettiva di continuità di conservare tale prospettiva nella redazione dei bilanci”. “La norma mira, quindi, a favorire la tempestiva approvazione dei bilanci delle imprese” “consentendo alle imprese di affrontare le difficoltà dell’emergenza COVID-19 con una chiara rappresentazione della realtà, operando una riclassificazione con riferimento alla situazione fisiologica precedente all’insorgere dell’emergenza medesima”.

A parte gli evidenti svarioni terminologici (si parla di “criteri deformati” e di “riclassificazione”!), mi crea un certo imbarazzo leggere che l’obiettivo è contemporaneamente quello di neutralizzare gli effetti devianti dell’attuale crisi economica ed allo stesso tempo quello di conservare la valenza informativa nei confronti dei terzi del bilancio! Quando la realtà è tale da pregiudicare la continuità, redigere il bilancio come se gli effetti della pandemia non esistessero non è un pò come se un malato grave pensasse di poter guarire soltanto dicendo 100 volte: io sto bene, io sto bene! Ma l’obiettivo del presente contributo non è di polemizzare (sarebbe inutile), bensì di capire quali siano per amministratori, le implicazioni operative in caso di applicazione di tale deroga e i rischi in caso di errata comprensione della portata di tale deroga.

Il presupposto della continuità aziendale nel bilancio

La verifica della continuità aziendale per molte imprese sarà complessa nel contesto che si è creato a seguito della pandemia. Gli amministratori sono chiamati ad “una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio”. L’OIC 11 richiede che la verifica della continuità aziendale sia basata su dati prospettici (es. il budget del successivo esercizio), fondati su assunzioni ragionevoli e non su dati consuntivi (il bilancio), con l’obiettivo di comprendere se l’impresa riuscirà a “sopravvivere”.

A seguito di tale valutazione gli scenari che si possono identificare sono dunque i seguenti:

  1. esiste il presupposto della continuità, con o senza incertezze significative, oppure
  2. non esiste il presupposto della continuità (nel senso che la prospettiva di “sopravvivenza” deve essere ritenuta, alla luce delle significative e molteplici incertezze, non ragionevole).

L’OIC 11 richiede che sia riportata nella nota integrativa l’informativa sulle incertezze relative al going concern nonché i piani futuri per superare tali difficoltà. Nei casi in cui la direzione aziendale non ritenga “ragionevole” che la società sarà in grado di continuare ad operare nell’arco dei prossimi dodici mesi (almeno per l’intero 2020) a causa dell’emergenza sanitaria, in assenza della possibilità di optare per tale deroga, sarebbe costretto a redigere il bilancio applicando i cd. “criteri deformati”. Grazie alla deroga ex art. 7, invece, potrà applicare i criteri di valutazione ordinari, specificando nella nota integrativa di avere applicato tale norma anche facendo riferimento al bilancio dell’esercizio precedente.

Gli obblighi di informativa nella nota integrativa

La deroga, come confermato anche dall’OIC con l’Interpretativo 6 (in attesa di approvazione definitiva) non modifica gli obblighi informativi, pertanto, ai sensi dell’OIC 11, nella nota integrativa devono essere illustrati i piani futuri per superare le incertezze significative sulla prospettiva di continuità.

Si dovranno pertanto comunque illustrare le conseguenze di Covid-19, ad esempio il periodo di chiusura forzata, il crollo degli ordini, la difficoltà a pagare i creditori, ecc. ma soprattutto le azioni che l’impresa ritiene di porre in essere per superare la crisi.

Art. 7 DL liquidità: il dubbio interpretativo

La norma di legge indica che la deroga consente l’applicazione dei criteri ordinari anche quando la situazione sarebbe tale da indurre gli amministratori ad applicare i criteri modificati. L’OIC, nel recente Interpretativo 6 ha specificato le regole da seguire in caso di applicazione della deroga, ma rimane un dubbio interpretativo (a mio parere) di particolare rilevanza:

la deroga consente soltanto l’adozione dei criteri di valutazione non modificati oppure consente anche di valutare la continuità senza tenere conto gli effetti COVID-19?

La risposta è fondamentale perché produce effetti su amministratori, sindaci e revisori. Per approfondire il tema richiamo le puntuali indicazioni dell’Interpretativo 6 dell’OIC.

Condizioni per l’applicazione della deroga: sulla base delle informazioni disponibili al 31/12/2019 sussisteva la prospettiva della continuità aziendale in applicazione del par. 21 oppure del par. 22 dell’OIC (par. 10 Interpretativo).

Principi contabili non applicabili: se la società si avvale di tale facoltà il bilancio è redatto applicando tutti i principi contabili in vigore ad eccezione dei paragrafi 23 e 24 dell’OIC 11 e del paragrafo 59 c) dell’OIC 29 (par. 11 Interpretativo).

Sintesi paragrafi richiamati dei principi contabili OIC

OIC 11 (par. 22.) (…) “la direzione aziendale deve” valutare il going concern “per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno dodici mesi dalla data di riferimento del bilancio. In presenza di incertezze significative sulla continuità, “nella nota integrativa dovranno essere chiaramente fornite le informazioni relative ai fattori di rischio, alle assunzioni effettuate e alle incertezze identificate, nonché ai piani aziendali futuri per far fronte a tali rischi ed incertezze” (…).

Il par. 23 richiede l’applicazione dei criteri di valutazione “modificati”, qualora “non vi sono ragionevoli alternative alla cessazione dell’attività”.

Nel valutare il going concern ai sensi del par. 22 dell’OIC 11 si tiene conto oppure no delle incertezze causate da COVID-19?

Ritengo che la deroga consenta unicamente di non modificare i criteri di valutazione e, coerentemente con tale interpretazione, l’Interpretativo 6 dell’OIC ha previsto la non applicazione dei paragrafi 23 e 24 dell’OIC 11. Se si ritenesse invece che la continuità si debba valutare senza tener conto degli effetti Covid-19, ovvero sulla base delle incertezze presenti al 31.12, a mio parere l’OIC avrebbe specificato che nell’applicare il par. 22 dell’OIC 11 non si deve tenere conto degli eventi successivi.

OIC 29 (par. 59, c) fatti successivi che possono incidere sulla continuità aziendale “Alcuni fatti successivi alla data di chiusura del bilancio possono far venire meno il presupposto della continuità aziendale“. (…) “Se il presupposto della continuità aziendale non risulta essere più appropriato al momento della redazione del bilancio, è necessario che nelle valutazioni di bilancio si tenga conto degli effetti del venir meno della continuità aziendale“.

Non applicare il par. 59 c) significa valutare il going concern senza tenere conto delle incertezze causate da COVID-19 o soltanto non tenere conto degli effetti nelle valutazioni?

A mio parere, anche in questo caso, la deroga riguarda unicamente i criteri di valutazione.

Il recente e peraltro pregevole documento del CNDCEC/FNC “Le procedure di revisione ai tempi del COVID-19: la resilienza del sindaco-revisore” del 12 maggio 2020 sembra invece propendere per la tesi opposta laddove si afferma: “il “Decreto liquidità” ha di fatto sterilizzato gli effetti della crisi pandemica sui valori di bilancio, sospendendo nella verifica della sussistenza del principio della continuità aziendale, le previsioni legate alle incertezze e agli effetti dell’emergenza COVID-19.

Mi chiedo peraltro come si possa valutare la continuità senza tenere conto degli effetti Covid-19, gli amministratori dovrebbero fare riferimento nella nota integrativa al budget ante revisione causata dalla pandemia?

Sposare la tesi per cui l’amministratore, grazie all’art. 7, può non tenere conto di Covid-19 nel valutare il going concern nel 2020 porterebbe a situazioni estreme al limite dell’assurdo. Pensiamo all’impresa che a causa di Covid-19 ha squilibri finanziari non risolvibili, in quanto gli indispensabili finanziatori alla data di redazione del progetto di bilancio (es. maggio 2020) hanno già comunicato l’indisponibilità a supportarla finanziariamente. La prosecuzione dell’attività porterebbe ad un default con un danno ai creditori significativamente superiore a quello che si sarebbe determinato in caso di cessazione dell’attività. Affermare che la deroga consentirebbe di non tenere conto degli effetti Covid porterebbe a ritenere che l’amministratore sarebbe autorizzato a continuare l’attività aggravando il dissesto? Non mi risulta che l’art. 7 abbia sospeso anche l’applicazione degli articoli 2394 e 2476 c.c in tema di responsabilità degli amministratori in caso di prosecuzione dell’attività in assenza dei presupposti causando un aggravamento del dissesto. L’amministratore è sempre tenuto ad operare adottando principi di “correttezza dell’amministrazione”, nonostante le comprensibili difficoltà causate dalla pandemia. E, come affronterò in un prossimo articolo, l’individuazione della giusta portata della norma produce effetti anche sul giudizio dei revisori e sull’attività e responsabilità del collegio sindacale.

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