La possibilità di redigere i bilanci 2019 e 2020 nella prospettiva del going concern applicando la deroga ex art. 7 DL liquidità mi ha fatto tornare in mente una barzelletta: “Un fisico, un chimico ed un economista naufragano su un’isola deserta. Sull’isola non c’è cibo, ma per fortuna dai resti della nave riescono a recuperare delle scatolette di cibo. Purtroppo non hanno un apriscatole: il fisico propone: “Potremmo puntare un bastone appuntito sul bordo e, grazie alla moltiplicazione di forza della leva di secondo genere, aprirla”, il chimico: “Oppure possiamo mettere le scatolette sul fuoco e l’aumento di temperatura indurrebbe un aumento di pressione che le farebbe aprire” e infine l’economista: “Supponiamo di avere un apriscatole…”.
Senza offesa per gli amici economisti, l’economista in questo caso è il legislatore!
Purtroppo non c’è molto da ridere, saranno moltissime le imprese a riscontrare problemi di continuità aziendale per via della Covid-19, ma il legislatore per agevolare la continuazione dell’attività non può che porsi i seguenti obiettivi:
- consentire alle imprese (compatibilmente con le indicazioni degli esperti in materia sanitaria) di riaprire il prima possibile se sono in grado di lavorare in “sicurezza”;
- dare una (vera) iniezione di liquidità per consentire alle imprese di fronteggiare gli impegni finanziari immediati;
- introdurre politiche di sviluppo dell’economia che agevolino la ripresa.
Tornando alla norma, sembra sfuggire all’estensore della norma il concetto stesso di going concern, che prima di essere un postulato di tipo giuridico (art. 2423.bis, co. 1, n.1 c.c.), è un elemento sostanziale. In estrema sintesi, la norma consentirà anche agli amministratori che si troveranno in una situazione in cui non è da ritenere ragionevole la possibilità di continuare l’attività di applicare gli ordinari criteri di valutazione (si noti che anche in caso di mancanza di continuità si deve comunque redigere il bilancio applicando l’art. 2426 c.c seppur in modo più prudenziale ai sensi dell’OIC 11).
Nella relazione al provvedimento si precisa che si rende “necessario neutralizzare gli effetti devianti dell’attuale crisi economica conservando ai bilanci una concreta e corretta valenza informativa anche nei confronti dei terzi”.
L’obiettivo è nobile, ma è evidente che affinchè i bilanci conservino una “corretta valenza informativa” è necessario riportare informazioni veritiere. In presenza del rischio elevato di fallimento nei 12 mesi successivi (perché in sintesi è questa la continuità) sarà comunque obbligatorio illustrare nella nota integrativa la gravità della situazione (a meno che il legislatore intenda proprio legalizzare il falso il bilancio ma certamente non è così) e conseguentemente si determineranno quelle conseguenze negative che il legislatore (lodevolmente) con questa norma sbagliata si proponeva di evitare.
È di tutta evidenza che non rileva in alcun modo nel valutare il rischio di fallire se la “colpa” sia da individuare nell’imprenditore o in un fattore esterno (tipo la pandemia). Così come è evidente che il fornitore di un’impresa ha il diritto di comprendere se c’è il rischio che la sua fornitura non potrà essere pagata. In presenza di tali situazioni, bisogna solo cercare una soluzione che consenta la continuazione dell’attività, perchè se invece si sceglie di mettere la testa sotto la sabbia, l’unico vero rischio è quello di smettere di respirare.
Condivido pienamente il tuo pensiero. Come cittadino, poi, sono preoccupato per un’eventuale concessione di “finanza garantita” senza una adeguata istruttoria bancaria su bilanci ed informazioni veritieri. Questo fatto potrebbe comportare la concessione di finanza con garanzia dello Stato ad imprese non in grado di rimborsare il nuovo debito per cause strutturali proprie e non conseguenti a Covid-19. Lo Stato, chiamato a rispondere della garanzia concessa, in ultima istanza, chiederà il sostegno ai “soliti noti”: i cittadini e le imprese che pagano le tasse!
Verissimo, anche se per quanto riguarda i prestiti garantiti, proprio perchè si tratta “solo” della garanzia, gli istituti di credito valutano il merito creditizio e non concedono il finanziamento alle imprese che ritengono non meritevoli, così sembra anche dalla documentazione che richiedono. Purtroppo altre norme Covid sono basate su scelte che ritengo discutibili, i contributi a fondo perduto concessi a chi ha subito ad aprile la contrazione del fatturato andranno anche alle imprese che chiudevano in perdita senza Covid e che non hanno mai versato un euro di imposte, in sostanza si andranno a distribuire a pioggia quelle imposte versate dai soliti (pochi) noti!