Ammortamenti 2022: i 2 (soli) casi in cui sospenderli

La sospensione gli ammortamenti nel bilancio 2022 è la deroga “principe” tra le tante introdotte dal legislatore per supportare i bilanci 2020 delle imprese colpite dalla pandemia da Covid-19 (poi estesa fino ai bilanci dell’esercizio 2023!). Ho già scritto cosa ne penso (e non ho cambiato idea), ma la norma c’è e si può naturalmente approfittarne.
Quali sono i due casi in cui (a mio parere) può valere la pena (tapparsi il naso) e sospenderli?

Cosa prevede la norma

Nei bilanci 2022 redatti secondo il Codice Civile, si può, in deroga all’art. 2426, co 1., n. 2) c.c., “non effettuare fino al 100% dell’ammortamento annuo del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali, mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall’ultimo bilancio annuale regolarmente approvato. La quota di ammortamento non effettuata (…) è imputata al conto economico relativo all’esercizio successivo e con lo stesso criterio sono differite le quote successive, prolungando quindi per tale quota il piano di ammortamento originario di un anno“.
La norma consente di non scrivere fino al 100% degli ammortamenti nel Conto economico.

I dubbi interpretativi

Ormai sono superati, ma li ricordo. L’inciso “mantenendo il loro valore di iscrizione, così come risultante dall’ultimo bilancio annuale“, è tecnicamente un errore, a meno che il legislatore abbia dato per scontato che tutti decideranno di non iscrivere il 100%. Se si sospende una quota percentuale, infatti, il valore di iscrizione non potrà essere uguale a quello del bilancio dell’esercizio precedente. L’infelice inciso ha sollevato alcuni dubbi sulla possibilità di applicazione della sospensione sulle immobilizzazioni acquisite nel corso dell’esercizio e sull’applicabilità della deroga in caso di rivalutazione dei beni d’impresa. Dubbi che forse non valeva nemmeno la pena di sollevare. La risposta è positiva, si possono sospendere l’ammortamenti sui beni acquisiti nell’esercizio e si possono sospendere gli ammortamenti anche su beni rivalutati.

Non bisogna sopravvalutare questo legislatore che ha dimostrato di non avere grande dimestichezza sul bilancio. Anche l’indicazione di imputare la quota non effettuata al Conto economico dell’esercizio successivo è infelice. Non sarebbe stato meglio prevedere semplicemente che la quota non stanziata andasse iscritta in coda al processo di ammortamento? Se a fronte di un ammortamento sistematico pari a 100 nel bilancio 2022 si decidesse di stanziare soltanto 40, la quota di 60 non sarà iscritta nel 2023 ma in coda al processo di ammortamento.

La deroga in moltissimi casi è inutile

Chi ha letto cosa penso di questa norma starà pensando che proprio non riesco a digerirla, ne devo proprio parlare male. No, non è così, nella maggioranza dei casi ritengo che non sia opportuno ricorrervi.
La gran parte delle imprese ammortizzano i beni materiali applicando le aliquote di ammortamento ordinarie che, come noto, sottostimano la vita utile economico-tecnica. Quest’ultima dovrebbe essere quella su cui definire la durata del processo di ammortamento. Ne è la prova la presenza di beni strumentali totalmente ammortizzati utilizzati per anni e anni dopo il completamento del processo di ammortamento.

In situazioni simili, può essere opportuno valutare la possibilità di modificare la vita utile residua, ottenendo così una riduzione degli ammortamenti nel Conto economico. Le imprese interessate alla riduzione degli ammortamenti, in molti casi, presentano imponibili fiscali modesti. Rispetto alla “sospensione”, la modifica della vita utile residua presenta per molte imprese il vantaggio di minori ammortamenti anche nei successivi esercizi. Nella Nota integrativa sarà sufficiente spiegare le ragioni che hanno portato a tale modifica di stima. La modifica della vita utile consente di redigere il bilancio applicando le regole ordinarie e, particolare non trascurabile, è meno “visibile” ad un lettore un po’ distratto rispetto all’applicazione della deroga.

Sospensione degli ammortamenti: quando può “convenire”

I due soli casi (o quasi) sono i seguenti:

  1. l’impresa “disperata”: se l’unico modo per non chiudere in perdita o per limitare le perdite è non scrivere il 100% degli ammortamenti, la deroga può essere utile. Non bisogna però dimenticare l’obbligo di trasparenza nella Nota integrativa e che tale scelta sarà individuabile dal lettore del bilancio. Un minimo di beneficio, in termini di rating bancario, potrebbe essere ottenuto grazie al miglior risultato d’esercizio e patrimonio netto;
  2. l’impresa “florida”: per un’impresa che ha sempre presentato imponibili rilevanti e che ha subito un calo significativo dei margini a causa, ad esempio, dei costi energetici ritenuto transitorio, la non iscrizione del 100% degli ammortamenti potrebbe consentire di presentare un miglior bilancio 2022 senza comportare l’incremento degli imponibili nei successivi esercizi (come invece avviene se si modifica la vita utile residua).

Un terzo caso, meno diffuso, in cui potrebbe essere “conveniente” ricorrere alla sospensione degli ammortamenti, è quello di imprese il cui periodo di ammortamento è definito contrattualmente. Ad esempio, per via di contratti di affitto di ramo d’azienda. In tali situazioni, non è possibile modificare la vita utile residua, pertanto, l’unico modo per migliorare il risultato 2022 è quello di non iscrivere, in tutto o in parte, gli ammortamenti. Tale scelta, a differenza della maggioranza dei casi in cui si determinerà un allungamento del processo di ammortamento, comporterà l’incremento degli ammortamenti dall’esercizio 2023 (o 2024 in caso di sospensione). Non è infatti in tali casi possibile allungare il periodo di ammortamento, come ha chiarito anche l’OIC. Si dovranno pertanto effettuare le variazioni in aumento e procedere con l’iscrizione della fiscalità differita.

L’informativa nella Nota integrativa “salva” la rappresentazione veritiera e corretta

Nel mio primo commento “a caldo” di tale deroga, avevo provocatoriamente parlato di “falso in bilancio servito per legge”. Non si tratta di un falso in bilancio, proprio grazie alla previsione dell’obbligo di riportare un’adeguata informativa nella Nota integrativa. La norma richiede: “La nota integrativa dà conto delle ragioni della deroga, nonché dell’iscrizione e dell’importo della corrispondente riserva indisponibile, indicandone l’influenza sulla rappresentazione della situazione patrimoniale e finanziaria e del risultato economico dell’esercizio“. Si deve quindi riportare l’effetto quantitativo sul risultato dell’esercizio e sul patrimonio netto. Per tale ragione, si può affermare che la Nota integrativa “salvi” (almeno un pò) la rappresentazione corretta dell’andamento della gestione.
Naturalmente i revisori saranno chiamati a verificare la presenza di tale informativa, che alcuni amministratori non saranno così propensi a riportare.

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