Le imprese sono pronte al Codice della Crisi d’impresa? Risultati di una ricerca

Il Codice della Crisi d’Impresa (D.Lgs. n. 14/2019) dal 16 marzo 2019 richiede alle imprese l’adozione di modelli organizzativi (art. 2086 c.c.) in grado anche di cogliere i segnali di crisi ed i rischi di perdita della continuità aziendale.

La modifica normativa è strumentale a rendere efficace la prossima entrata in vigore del tanto discusso meccanismo dell’allerta interna previsto dal nuovo Codice della Crisi d’impresa.

Come noto, infatti, il rinvio dell’entrata in vigore della riforma (al momento al 1° settembre 2021) non ha riguardato il tema degli assetti organizzativi.

Il diffondersi della pandemia e del conseguente lockdown nel primo semestre del 2020 hanno reso ancora più centrale il tema del going concern.

obiettivo della ricerca

La ricerca, condotta nel giugno 2020 da un gruppo di lavoro dell’Università degli Studi di Torino composto dai prof.ri Fabrizio Bava, Melchior Gromis di Trana e dal dott. Alberto Tonelli, si è proposta di individuare, tramite un questionario online anonimo, lo stato dell’arte circa l’adozione delle nuove previsioni di legge (codice civile e Codice della Crisi d’impresa) anche in considerazione delle conseguenze, sull’andamento delle imprese e sui rischi di continuità aziendale, della pandemia da Covid-19.

Un assetto adeguato è infatti prodromico a cogliere eventuali segnali che possano mettere a repentaglio il mantenimento di condizioni di equilibrio finanziario ed economico e, conseguentemente, il going concern.

Il rinvio dell’entrata in vigore della riforma del codice della crisi d’impresa rischia di rallentare il processo di adeguamento delle imprese, soprattutto quelle di minori dimensioni.

La pandemia ha infatti provocato per moltissime imprese una rilevante contrazione dei fatturati e, conseguentemente, rilevanti squilibri di natura finanziaria.

L’imprevedibilità di ciò che è accaduto ha comportato l’esigenza di rivedere, pur in una situazione l’incertezza elevata, gli eventuali piani industriali, budget economici, finanziari e di cassa predisposti per il 2020 e per i prossimi anni.

Metodologia e campione

La ricerca è stata condotta sottoponendo ad imprenditori e società un questionario composto da 16 domande a risposta multipla, le quali si strutturavano e adeguavano a seconda delle risposte fornite alle precedenti domande. Per la parte tecnica ci siamo avvalsi del software Survey Monkey, che rende possibile estrapolare i dati ottenuti e garantisce attendibilità ed anonimato.

Al survey hanno aderito 148 imprese che operano prevalentemente in Piemonte e Liguria.

Il raggiungimento di tale numero di rispondenti è stato conseguito grazie alla collaborazione di due associazioni di categoria e, in via minoritaria, attraverso la pubblicazione del link di adesione su appositi social network (linkedin e facebook).

I risultati non assumono rilevanza statistica, si è infatti scelto di privilegiare la partecipazione a titolo volontario garantendo l’anonimato al fine di ottenere una maggiore attendibilità delle risposte.

Presentazione dei risultati

Rispetto alla forma giuridica i 148 partecipanti al survey sono così suddivisi:

Natura giuridica

La maggior parte dei soggetti rispondenti, come evidenza il grafico, si riferisce a società a responsabilità limitata, seguito da società per azioni.

Relativamente alle modalità di vendita, come identificato dal grafico successivo, oltre i tre quarti del campione rivolgono i loro prodotti e/o servizi ad altre imprese. Il canale di vendita elettronico è presente in misura limitata, anche quale conseguenza dell’elevato numero di partecipanti che operano nel mercato B2B.

modalità di vendita

Si è quindi identificato il settore attraverso i macro-settori ATECO (Grafico 3), da cui emerge una prevalenza di imprese manifatturiere.

settori merceologici

Di estremo interesse è la suddivisione dei partecipanti al survey per fasce di fatturato.

L’analisi aggregata per cluster di fatturati omogenei, ha infatti consentito di individuare alcune evidenze di intesse, come sarà più avanti sottolineato.

Come si può notare, la maggioranza dei partecipanti non è tenuta alla nomina del revisore legale.

Ricordo però che le indicazioni dell’art. 2086 c.c. riguardano tutte le imprese che operano in forma associata e le future prescrizioni del codice della crisi riguardano anche tale tipologia di impresa.

fasce di fatturato

Predisposizione di documenti previsionali (es. budget).

Un primo quesito inerente l’obiettivo della ricerca era il seguente: ‘’la sua impresa redige uno strumento al fine di programmare l’attività futura (es. budget)?’’

I risultati esposti nel Grafico 5 rispecchiano le attese.

Infatti circa il 40% del campione ha dichiarato di non redigere alcun tipo di documento di natura previsionale, rinunciando pertanto a formalizzare previsioni.

Questa evidenza costituisce un fattore di mancato adeguamento alle prescrizioni di cui all’art. 2486 c.c. e un limite nell’identificare eventuali situazioni di crisi.

Si tratta di un risultato atteso in quanto la maggioranza dei partecipanti al survey rientra in un cluster di fatturato che tipicamente porta a delegare al proprio dottore commercialista la predisposizione dei documenti economico-finanziari.

In genere, tali imprese, si limitano agli adempimenti obbligatori per legge.

Inoltre, la scarsa chiarezza del nuovo obbligo normativo, che si limita a prevedere che nell’adeguarsi di deve tenere conto delle dimensioni, non agevola le imprese di piccole dimensioni.

codice della crisi d'impresa

Dall’analisi delle risposte per cluster di fatturato, come ci attendevamo, emerge come la percentuale di imprese che dichiarano di predisporre strumenti di pianificazione cresca all’incrementarsi del fatturato.

Cluster per fatturato

I cluster per fatturato sono così costituiti:

  • 1 – Fascia di fatturato da 0 a 4 milioni: solamente il 42% ha dichiarato di redigere strumenti di pianificazione;
  • 2 – Fascia di fatturato da 4 a 10 milioni: il 72% ha dichiarato di redigere strumenti di pianificazione;
  • 3 – Fascia di fatturato oltre i 10 milioni: l’88% ha dichiarato di redigere strumenti di pianificazione.

La metà di coloro che hanno risposto di programmare la gestione futura predispone il budget sia economico sia finanziario. Il Grafico 6 presenta in maniera più dettagliata i risultati.

codice della crisi d'impresa

Nello specifico, i risultati ottenuti sono suddivisi nel seguente modo:

  • Il 20,29% (14 risposte) redige esclusivamente il budget economico;
  • Il 49,28% (34 risposte) redige il budget economico e finanziario;
  • Il 26,09% (18 risposte) redige il budget economico, finanziario e di tesoreria;
  • Il 4,35% (3 risposte) redigono ulteriori strumenti quali budget di produzione e budget degli investimenti.

Si è quindi chiesto a chi rispondeva di non predisporre documenti di natura previsionale, quali fossero le ragioni alla base di tale scelta (Grafico 7).

codice della crisi d'impresa

Nello specifico, i risultati ottenuti sono suddivisi nel seguente modo:

  • Il 28,89% (13 risposte) non li ritiene degli strumenti indispensabili;
  • Il 22,22% (10 risposte) non ha competenze interne per redigerli, dovendo sostenere un ulteriore costo;
  • Il 64,44% (29 risposte) monitora lo scadenzario clienti e fornitori;
  • Il 13,33% (6 risposte) effettua esclusivamente lavorazioni per conto di terzi e pertanto risulterebbe complesso effettuare delle stime.

Il budget per qualcuno non è indispensabile

Dai risultati emerge come quasi un terzo del campione non ritenga tali strumenti indispensabili. Il 22% dichiara di non possedere adeguate competenze interne, la decisione di non predisporre tali documenti deriva, in tali casi, da motivazioni economiche.

Ciò dimostra una ancora non completa sensibilità alle tematiche introdotte dal codice della crisi d’impresa.

Non si può però non tenere conto delle inevitabili difficoltà legate ai costi di adeguamento a tale normativa.

Come ci si poteva attendere, invece, è molto diffuso il monitoraggio dello scadenzario clienti e fornitori.

Impatto della pandemia Covid-19 sull’aspetto della continuità aziendale.

In linea con le nostre attese, i tre quarti del campione hanno indicato di avere subito un impatto negativo significativo a seguito della pandemia (Grafico 8).

codice della crisi d'impresa

Si è quindi chiesto quali fossero le principali strategie che sarebbero state perseguite al fine di cercare di mantenere adeguati equilibri di gestione.

strategie

Nello specifico, i risultati ottenuti sono suddivisi nel seguente modo:

  • Il 14,46% (12 risposte) non intende intraprende alcuna azione differente gestionale;
  • Il 61,45% (51 risposte) ha dichiarato che cercherà di ridurre i costi sostenuti;
  • Il 26,51% (22 risposte) procederà con l’ottenimento di nuovo capitale di terzi;
  • Il 19,28% (16 risposte) intende o intenderà di ridurre il personale operativo ad oggi assunto;
  • Il 50,60% (42 risposte) procederà con una modifica alla strategia aziendale quali, a puro titolo esemplificativo, l’utilizzo di nuovi canali di vendita o la modifica dei prodotti e servizi offerti;
  • Il 8,43% (7 risposte) ha indicato come opzione di risposta ‘’Altro’’ specificando che procederanno con: (ricorso alla cassa integrazione se ritenuta indispensabile; revisione del piano investimenti; miglioramento dell’efficienza produttiva; migliore gestione delle dilazioni clienti e fornitori; non sanno ancora quali azioni intraprenderanno).

Anche in questo caso, ci attendevamo che la risposta prevalente fosse costituita da strategie di riduzione dei costi.

Riteniamo importante e positivo che circa la metà dei partecipanti abbiano dichiarato di adottare nuove strategie per adattarsi al nuovo contesto competitivo.

Meno di un terzo ha dichiarato che avrebbe fatto ricorso ad un incremento dell’indebitamento.

Si tratta di una conseguenza inevitabile.

Ma non si deve dimenticare che il ricorso all’indebitamento non può essere una soluzione e rischia, in alcuni casi, di spostare soltanto in avanti, l’emergere degli squilibri di gestione.

Monitoraggio della continuità aziendale

Con riferimento al quesito: “vengono monitorati gli aspetti che potrebbero compromettere in futuro la continuazione dell’attività? (es. obsolescenza dei prodotti, grado di soddisfazione dei clienti)” è emerso che l’85% del campione dichiara di monitorare tali aspetti gestionali al fine di ottenere una maggiore efficienza del business aziendale (Grafico 10).

going concern

Sarebbe interessante, in una futura ricerca, approfondire le modalità attraverso le quali viene effettuato il monitoraggio degli elementi di natura qualitativa che possono originare rischi di going concern.

In particolare, circa il 96% si occupa ha affermato di monitorare l’andamento economico finanziario nel corso dell’esercizio (Grafico 11).

codice della crisi d'impresa

I tre quarti del campione, inoltre, hanno affermato di svolgere internamente tale attività di monitoraggio (Grafico 12), mentre la restante parte si affida a soggetti terzi quali dottori commercialisti e consulenti.

codice della crisi d'impresa

Adeguatezza dell’assetto organizzativo ex art. 2086 c.c.

Nonostante le modifiche normative in merito alla necessità di adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato risalgano ai primi mesi del 2019, le risposte ottenute alla domanda ‘’È a conoscenza delle prescrizioni all’art. 2086 c.c. in vigore da marzo 2019 in tema di adeguatezza dell’assetto organizzativo che deve essere in grado di cogliere segnali di crisi e rischi di continuità?’’ denotano che una quota rilevante – quasi il 32% – del campione non è conoscenza delle prescrizioni normative.

Si deve però sottolineare che tale percentuale si riduce al 12% limitando l’analisi alle società di capitali aderenti al survey.

Successivamente si è chiesto ‘’è stata apportata qualche modifica all’assetto organizzativo nel corso del 2019? (es. implementazione del budget, acquisto di software)’’.

Solamente la metà dei soggetti a conoscenza della tematica sugli assetti adeguati hanno provveduto ad effettuare delle modifiche all’assetto organizzativo nel corso.

Questo risultato potrebbe essere letto alla luce del fatto che una parte del campione potrebbe essere stata già dotata di tale assetto precedentemente l’introduzione del disposto normativo.

Di seguito sono presentati il Grafico 13 relativamente alla conoscenza delle prescrizioni dettate dall’art. 2086 c.c. e il Grafico 14 sulle eventuali modifiche apportate all’assetto nel corso del 2019.

assetto organizzativo
assetto organizzativo

Monitoraggio periodico richiesto dal nuovo codice della crisi d’impresa (non ancora in vigore)

La domanda 15 chiedeva ‘’in che modo eseguirà il monitoraggio trimestrale della gestione per individuare i rischi di crisi e di continuità previsti dal codice della crisi di impresa?’’ (Grafico 15).

monitoraggio rischio continuità

Nello specifico, i risultati ottenuti sono suddivisi nel seguente modo:

  • Il 33,33% (34 risposte) intende predisporre bilanci periodici per il calcolo dei cinque indicatori di crisi;
  • Il 9,80% (10 risposte) predisporrà il budget di tesoreria per la stima dei flussi di cassa a sei mesi;
  • Il 0,98% (1 risposta) procederà con il calcolo del DSCR sulla base del rendiconto finanziario previsionale;
  • Il 20,59% (21 risposte) dichiara di non conoscere l’argomento;
  • Il 35,29% (36 risposte) non ha ancora assunto delle decisioni in merito considerato il rinvio dell’entrata in vigore della riforma.

Da tale quesito è emerso come oltre il 50% del campione non si sia ancora attivato.

Il 35% non ha ancora assunto delle decisioni anche a causa del rinvio dell’entrata delle misure di allerta, mentre oltre il 20% ha dichiarato di non essere a conoscenza della norma.

Tanti Bilanci periodici e poco dscr PER IL MONITORAGGIO RICHIESTO DAL CODICE DELLA CRISI D’IMPRESA

Il 33,33% del campione ha dichiarato che procederà con la predisposizione di bilanci periodici tali da poterli utilizzare come riferimento al fine di calcolare i cinque indicatori di crisi.

Tale risposta unitamente allo scorso interesse per il calcolo del DSCR sulla base del rendiconto finanziario previsionale, mette in mostra come lo schema ad albero elaborato dal CNDCEC che privilegia l’utilizzo del DSCR non sembri trovare significativa applicazione a causa dell’indisponibilità dei dati previsionali indispensabili al calcolo del DSCR.

Circa il 10% del campione ha evidenziato che predisporrà il budget di tesoreria al fine di stimare i flussi di cassa. Analogamente a quanto evidenziato per la domanda n. 13, circa il 20% del campione (ipotizzando che coincida con le società di persone e gli imprenditori individuali) ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’argomento.

Tali risultati erano piuttosto prevedibili, in quanto il calcolo del DSCR richiede la predisposizione di un budget completo, ma allo stesso tempo sminuiscono la portata della riforma del codice della crisi d’impresa, in quanto per un’efficace monitoraggio degli eventuali segnali di crisi è fondamentale ragionare in termini previsionali e non su dati consuntivi (come avviene nel caso delle situazioni contabili trimestrali).

Non si può non sottolineare che le soglie degli indicatori identificate dal CNDCEC al fine di valutare l’attivazione dell’allerta interna sono tali da richiedere l’attivazione dell’allerta in situazioni che presenteranno, con ogni probabilità, gravissimi squilibri di gestione.

Nonostante le ragioni di tale scelta siano condivisibili (evitare falsi positivi), l’effetto è quello di ridurre l’efficacia della riforma stessa.

L’attivazione rischia cioè di essere tardiva e, conseguentemente, non efficace rispetto alla finalità di intervenire prontamente in presenza di segnali di crisi.

Informativa nella nota integrativa del bilancio 2019

Infine, il 50% del campione ha indicato che procederà con l’inserimento di un’informativa sulla continuità aziendale nella nota integrativa del bilancio 2019 (Grafico 16). Considerato che tale obbligo riguarda soltanto le società di capitali, si può stimare che tale informativa riguardi circa il 70% del campione.

continuità aziendale

Riteniamo che sarebbe opportuna una riflessione, resa possibile dal rinvio dell’entrata in vigore del codice della crisi d’impresa, sull’utilizzo degli indicatori.

Se le imprese si limiteranno a calcolare i cinque indici su dati consuntivi trimestrali, l’obiettivo della riforma di far emergere in modo tempestivo i segnali di crisi rimarrà una chimera.

Allo stesso tempo, nel definire tali indicatori, non si può non tenere conto delle limitate possibilità delle imprese di minori dimensioni di predisporre budget affidabili.

Una possibile situazione potrebbe essere quella di differenziare gli obblighi delle imprese in relazione alla dimensione del fatturato.

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4 commenti su “Le imprese sono pronte al Codice della Crisi d’impresa? Risultati di una ricerca”

  1. Articolo interessante e ricerca esaustiva. Adesso però è necessario che tutti si faccia la propria parte. Gli imprenditori soffrono di un disagio dovuto alla scarsa autoresponsabilizzazione, frutto, a mio modesto avviso, della propria non conoscenza dei rischi vissuti. C’è bisogno che si faccia un sforzo formativo non indifferente. Bisognerebbe spingere gli imprenditori a diventare “manager” delle proprie imprese. E’ dal lockdown che personalmente ho immaginato di mettere a disposizioni di tutti i miei contributi (esaustivi o no, interessanti o no, specifici o no). Il cambiamento degli assetti organizzativi passa da una presa di responsabilità che solo la formazione può contribuire ad accrescere. Grazie ancora per il suo contributo

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  2. L’articolo e la ricerca, ben strutturati, confermano l’esigenza di introdurre sia nelle imprese che negli studi professionali il passaggio da ” ufficio amministrativo” ad ” ufficio finanziario”.
    Certamente attraverso l’informazione e la formazione, ma anche con strumenti efficaci , in particolare per le imprese individuali e di persone che rappresentano la maggioranza assoluta dell’occupazione. Un esempio pratico : l’analisi della Centrale Rischi Banca d’Italia, consentirebbe a questo campione d’imprese che non hanno ‘obbligo di deposito e e bilancio, di vedere rappresentata la propria struttura finanziaria non solo ai fini del codice della crisi e dell’insolvenza, ma anche del rapporto banca impresa. Cordialmente.

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