Ormai è chiaro a tutti che con l’auspicata prossima “fase 2” per il commercio al dettaglio (i negozi oggi chiusi così come quelli aperti) non tornerà (almeno per un bel pò) tutto come prima.
Il contesto
Le misure di “distanziamento sociale” porteranno a ingressi contingentati, la riduzione della disponibilità di reddito dei consumatori determinerà un calo della domanda (che si è già registrato sugli acquisti online in queste settimane). E tutto ciò potrebbe continuare per sei mesi, un anno, o anche più, fino a quando non saremo tutti vaccinati (salvo sorprese che sarebbero ben venute). Le stime degli economisti, da prendere con prudenza per via della loro volatilità, indicano un calo del PIL nel 2020 quasi del doppio rispetto a quello del 2009. Se a questo scenario aggiungiamo che per molti esercizi commerciali le vendite erano già in calo da molti anni, ben prima dell’arrivo del Covid-19, i prossimi mesi, in mancanza dell’adozione di strategie adeguate, potrebbero portare ad un’accelerazione del progressivo processo di chiusura.
I rischi di contrazione delle vendite
Diversi fattori potrebbero provocare una riduzione delle vendite anche nei prossimi mesi, tra i quali:
- i cambiamenti nei canali di vendita con una maggiore propensione agli acquisti sul web: l’incremento esponenziale delle competenze informatiche degli italiani a cui si sta assistendo in queste settimane e della propensione ad acquisti sul web (in Italia prima molto limitata, per i problemi di rete, così come per la diffidenza a fare acquisti sul web, per citare solo alcune tra le numerose ragioni). Secondo una ricerca di Netcomm (associazione delle principali aziende di commercio online), il 75% degli acquirenti online in questo periodo non aveva mai sperimentato l’e-commerce in precedenza. Se la clientela abituale avrà iniziato ad acquistare i prodotti sul web, complici anche i prezzi concorrenziali, i negozianti potrebbero subire una contrazione delle vendite anche dopo il periodo di chiusura forzata. Questo rischio non riguarda i bar e riguarda meno i ristoranti, che non sono così sostituibili da acquisti sul web. Gli acquisti sul web potrebbero inoltre essere privilegiati da parte dei clienti anche per il timore del contagio;
- il calo della domanda, rispetto al periodo ante Covid-19, dovuto alle conseguenze economiche della pandemia sulla disponibilità di reddito (in questo periodo di lockdown, l’incertezza ha provocato una riduzione dei consumi di prodotti non ritenuti indispensabili anche sul canale elettronico);
- la riduzione dell’offerta: gli ingressi contingentati per rispettare le norme di sicurezza, che riguarderanno soprattutto gli esercizi commerciali di minori dimensioni, rallenteranno il processo di vendita e le code che si formeranno all’ingresso potrebbero disincentivare gli acquisti. In settori come quelli della ristorazione, bar, stabilimenti balnerari, palestre, si avrà una riduzione del numero di coperti.
La situazione impone di riflettere su come “investire” il periodo di chiusura e, soprattutto, sul processo di cambiamento e sulle strategie da adottare alla riapertura.
Cosa fare: le strategie
Negozi, bar, ristoranti e simili nel periodo di chiusura possono continuare ad operare con tutti i canali di vendita che non richiedono la presenza della clientela dentro l’attività, ovvero internet, telefono, radio, televisione, corrispondenza e distributori automatici (DPCM 11/03/2020, allegato 1, richiamato dal DPCM 22/03).
Spesso però gli esercizi commerciali più piccoli non sono organizzati per la vendita via internet, che richiede anche investimenti. C’è chi si è subito attivato per promuovere la vendita su siti web, facebook e simili, ma in molti (presumibilmente la maggioranza) hanno semplicemente chiuso la serranda. La chiusura totale, oltre ai mancati introiti, rischia di provocare conseguenze negative anche successivamente alla riapertura.
Per tale ragione è opportuno:
- cercare nel limite del possibile di mantenere un’operatività anche nel periodo di chiusura forzata di vendita al pubblico, facendo promozione attraverso i canali di vendita consentiti. Potendo beneficiare della possibilità di sostegno ai dipendenti grazie alla cassa integrazione, i negozianti devono valutare l’opportunità di vendere i loro prodotti anche a prezzi scontati per essere competitivi rispetto ai colossi dell’e-commerce. L’attuazione di simili strategie può creare forme di fidelizzazione della clientela e, in alcuni settori, consentire di svuotare magazzini talvolta caratterizzati da stagionalità (es. nel settore dell’abbigliamento). Tutto ciò naturalmente deve avvenire nel rispetto delle norme di sicurezza, dovendosi scontrare con le note difficoltà nel reperire strumenti di protezione;
- cogliere l’occasione, per via della riduzione o sospensione dell’attività, per valutare strategie di differenziazione, cioè per migliorare le proprie competenze sui prodotti e servizi offerti, sulla consulenza e assistenza post vendita in alcuni settori, le competenze possono costituire fattore di vantaggio competitivo rispetto al canale di vendita web, che punta su politiche di prezzo e sui prezzi sarà sempre vincitore;
- valutare la possibilità di instaurare forme di collaborazione più strutturate tra negozi e servizi post vendita al fine di coprire l’intero processo dalla scelta del prodotto, alla vendita e alla successiva installazione/predisposizione di impianti/ montaggio, presso l’abitazione. Ad esempio, talvolta il cliente che acquista un mobile in un negozio non è a conoscenza che il servizio di montaggio presso l’abitazione è incluso nel prezzo, rendendo il prezzo del medesimo prodotto sul web più conveniente soltanto in apparenza (non è infatti quasi mai previsto il montaggio);
- formarsi per acquisire una maggiore competenza sui canali di comunicazione web e cercare ad esempio di organizzarsi mettendo insieme le forze tra più soggetti per promuovere siti web dedicati a negozi del medesimo territorio/quartiere;
- consolidare il servizio di consegna a domicilio spesso gratuito che in molti hanno introdotto nel periodo di lockdown, perché il rischio di contagio ci accompagnerà anche nei prossimi mesi, pertanto in molti cercheranno di evitare la grande distribuzione, dove inevitabilmente il rischio è maggiore e potrebbero essere disposti, come è avvenuto in queste settimane, a sostenere magari anche un costo un poco superiore in cambio del servizio di consegna a domicilio. Si dovrebbe valutare la possibilità di accordarsi tra negozi non troppo distanti tra loro complementari (es. la panetteria, la macelleria, ecc.), per fare economia di scala riducendo tempi e costi. Gli stessi ristoranti, a causa del probabile contingentamento che ridurrà il numero di coperti, devono valutare di strutturarsi per iniziare o continuare a fornire il servizio di consegna a domicilio, anche dopo la riapertura, ma tale servizio può richiedere anche una modifica dei menù proposti, che devono essere adatti al servizio di delivery;
- valutare la possibilità di iniziare a fornire il servizio di ritiro presso il punto vendita, se non persino di Drive Thru, ovvero l’acquisto stando seduti in macchina, raccogliendo gli ordini via telefono/web;
- valutare la possibilità di investire in sistemi di distruzione automatica dei prodotti, da collocare in un’area separata del negozio al fine di consentire di servire più persone contemporaneamente;
- fornire servizi di video call con i clienti per consentire di scegliere i prodotti da casa (ad esempio, nel settore di giocattoli) o per presentare le novità, attraverso pillole periodiche, al fine di ridurre il tempo di permanenza nel negozio e fidelizzare la clientela;
- per chi non fosse già adeguatamente attrezzato, è necessario considerare che ci sarà una maggiore propensione a pagare attraverso forme di pagamento elettronico per evitare l’utilizzo del contante, inoltre il pagamento con carte di credito in modalità contactless velocizza il processo così come avviene per la fatturazione attraverso strumenti di lettura dei dati fiscali automatici come la scansione del QR-code;
- ristoranti e bar, stabilimenti balneari, palestre e altre attività che saranno costrette a ridurre l’offerta, potranno essere costretti ad incrementare i prezzi per salvaguardare la redditività, in tali casi la riduzione dell’offerta potrà portare a rivolgere l’offerta ad un target differente di clientela;
- tra i beni di consumo in questi mesi si è registrato un riallocamento delle risorse economiche dei consumatori nei confronti di due settori: il cibo e il materiale igienico sanitario; sono elementi per chi opera in tali settori da tenere in considerazione in quanto per ancora molti mesi potrebbe durare la domanda ed è pertanto necessario cercare di non esaurire i prodotti più richiesti che costituiscono anche un richiamo ad entrare nel negozio;
- per chi per il tipo di attività esercitata ne ha la possibilità, cercare di sviluppare caratteristiche che possono costituire fattori di vantaggio competitivo: si pensi alle pasticcerie che sono riuscire a distinguersi per l’invenzione di una determinata torta, biscotti o altro. L’eccellenza nelle attività artigianali costituirà sempre un fattore di successo, ma è una strada non percorribile per tutti e non tutti possono ambire all’eccellenza.
Per fronteggiare gli investimenti necessari si potrà valutare anche il ricorso all’indebitamento il cui ottenimento è stato agevolato dal DL “liquidità” (seppur purtroppo a differenza di quanto sarebbe stato auspicabile, limitatamente alle garanzie). Si dovrà comunque verificare, trattandosi di un finanziamento, la capacità di sostenerne la restituzione nei tempi previsti (la restituzione del capitale, nel caso del cosiddetto finanziamento di massimo € 25.000 dovrà avere inizio dopo 24 mesi e giungere al completamento al massimo nei successivi sei anni).
L’elenco sopra riportato oltre ad essere non esaustivo, non è certamente nemmeno innovativo. Non si ha alcuna pretesa di risolvere problemi così complessi, ma soltanto di cercare di contribuire a riflettere sulle possibili contromisure da adottare.